La transizione ecologica sembra il filo conduttore che attraversa e alimenterà l’azione del nuovo governo guidato da Mario Draghi. L’idea dovrebbe essere quella di una visione strategica, improntata sull’ambiente e sulla sostenibilità, che accomuni in modo organico tutti i ministeri.
Questo approccio è accolto con estremo favore dalle imprese che operano nel settore dell’economia circolare, perché si ha l’impressione che finalmente si possa lavorare sulla base di un denominatore comune in grado di orientare l’esecutivo verso una direzione uniforme e coerente con l’agenda promossa dall’Unione Europea.
Le condizioni di partenza infondono quindi ottimismo e consegnano all’Italia la possibilità di ritagliarsi un ruolo da protagonista all’interno di un ‘Green Deal Europeo’. Ora, però, la questione dirimente riguarda i tempi. Le scadenze sono imminenti e il nostro Paese non può permettersi una nuova impasse.
L’esecutivo Conte ha dovuto fronteggiare enormi criticità e ribaltamenti dovuti a un quadro pandemico complesso e caratterizzato da variazioni improvvise. Le intenzioni erano buone e lo sviluppo della ‘green economy’ era un obiettivo dell’esecutivo. Tuttavia, la volontà non si è sempre concretizzata in azioni dirette ed imperniata su adeguati stanziamenti finanziari.
In particolare, probabilmente anche per ragioni che prescindono dall’azione di governo, le richieste delle imprese che operano nel riciclo della carta, della plastica e dei metalli erano rimaste fondamentalmente disattese. Unirima, Assofermet e Assorimap sono gli attori strategici di un comparto che conta circa 45.000 addetti e 4.000 impianti su tutto il territorio nazionale.
Nelle versioni precedenti, il Recovery Plan mostrava l’assenza di risorse destinate alle aziende che costituiscono il cuore pulsante dell’economia circolare. Le stesse Unirima, Assofermet e Assorimap hanno ripetutamente segnalato che per il settore servirebbero circa 3 mld, ma questi appelli non sono stati recepiti. Ora è venuto il momento di segnare una discontinuità netta e radicale, concretizzando garanzie e rassicurazioni.
Le aspettative verso il nuovo governo sono quindi molto alte e sono state rafforzate dalla scelta dei ministri, che lasciano presagire un’attenzione reale e di sistema per la green economy, affinché diventi finalmente il pilastro di una nuova stagione di riforme per l’Italia.
Il settore si aspetta quindi un segnale immediato e concreto dal nuovo governo, a partire da uno stanziamento di risorse che metta subito in moto un’inversione di tendenza. L’economia circolare può e deve rappresentare uno dei primi volani di crescita per il sistema Italia e rappresenta uno dei principali strumenti per rendere il nostro Paese competitivo su scala globale.
Immettere nel sistema dell’economia circolare almeno 3 miliardi significa puntare realmente sulla transizione ecologica. Si tratta di risorse in grado di garantire un imponente effetto moltiplicatore perché le aziende coinvolte investono da sempre sull’innovazione. Destinare risorse a imprese private in questo caso corrisponderebbe a produrre benefici a tutto l’ecosistema, migliorando progressivamente la capacità del Paese di intercettare i fabbisogni e di procedere al passo con i tempi, senza restare sempre affannosamente indietro. Investire sulle imprese dell’economia circolare significa quindi modernizzare l’Italia.
Le richieste operative di Unirima, Assofermet e Assorimap sono contenute nel Manifesto del riciclo presentato a maggio dell’anno scorso dalle tre Associazioni di categoria e riprese nel documento di intervento a supporto del comparto industriale della filiera del recupero/riciclo meccanico di rifiuti di metallo, carta e plastica che erano state già sottoposte al precedente esecutivo e che costituiranno la base di lavoro nell’interlocuzione col governo Draghi.
Il manifesto si sviluppa lungo alcuni punti chiave: investire nell’innovazione tecnologica in ambito impiantistico e nel trattamento degli scarti di lavorazione non riciclabili semplificare il quadro normativo e amministrativo, sia a livello nazionale che regionale; promuovere la competitività sui mercati nazionali ed internazionali; incentivare i mercati di sbocco delle materie prime secondarie/EoW, incoraggiando gli acquisti verdi, introducendo apposite quote minime per l’inclusione di materiale derivante da riciclo nei nuovi beni, prodotti/manufatti, di qualsiasi tipo o destinazione d’uso; introdurre norme di fiscalità ambientale, diretta o indiretta, con misure premianti i consumi “sostenibili”.
Pertanto, al fine di favorire la “Transizione Verde” nei settori dell’economia circolare, le proposte sul Recovery Fund presentate dalle tre associazioni e incentrate sui contenuti del Manifesto, riguardano: l’introduzione di un contributo straordinario per ogni tonnellata di materiale recuperato da rifiuti e trasformato in “End of Waste” (EoW) o Materia Prima Seconda (MPS) a favore degli Impianti di produzione di MPS o EoW carta, metalli e plastica al fine di corrispondere in termini economici i benefici ambientali connessi al recupero di materia dai rifiuti; un finanziamento ad hoc per il rewamping degli impianti di recupero rifiuti che consenta il rinnovamento del parco impiantistico; l’aumento del credito d’imposta dedicato all’acquisto di semilavorati e prodotti finiti derivanti dal riciclo di rifiuti o di rottami, per dare maggiore forza attraverso la cosiddetta “leva fiscale”.
Si tratta di priorità ineludibili. Le prime settimane saranno decisive in questo senso e serviranno per misurare in concreto le policy e le capacità del sistema Italia di rispondere all’ultimo appello utile. Il nostro Paese è chiamato, senza più alcun rinvio possibile, a sposare una svolta green che sia sostanziale e che funga da traino per una nuova stagione di crescita e sviluppo.
Francesco Sicilia